Comunità Energetiche: La Base Più Solida Per Cancellare La Paura

Off grid, ma on the net, grazie alle comunità energetiche rinnovabili che funzionano già adesso. L’autosufficienza è solo uno dei vantaggi delle comunità energetiche, insieme ad inquinamento quasi zero, distribuzione eccellente e partecipazione democratica alla produzione dell’energia.

Così potremmo sintetizzare tutta la problematica del dare un futuro sostenibile, ovvero in grado di sfruttare i cicli delle risorse e farlo in modo duraturo, senza impatto sull’ambiente ed evitando il peggiorare della situazione climatica.

Si tratta “solo” di rendere la generazione e la distribuzione dell’energia molto più orizzontale rispetto a quanto è accaduto fino ad oggi.

Il modello produttivo del tipo “una centrale per tutti” non si applica alla generazione di energie rinnovabili.

Le fonti rinnovabili sono praticamente ubiquitarie e la generazione deve avvenire su scala locale.

Pensare alle comunità energetiche come a “cellule” per l’autosufficienza energetica va bene.

E’ però errato ritenere che esse debbano diventare “un modo diverso” per mantenere lo stesso tipo di modello produttivo.

Come diceva il Prof. Jeremy Rifkin già nei primi anni 2000, per come funzionano le comunità energetiche “vere”, dobbiamo realizzare una sorta di “rivoluzione industriale” che porti all’internet dell’energia, da produrre e scambiare su scala locale.

A qualcuno, fautore del “vecchio modello”, questo approccio potrebbe non piacere.

Proprio come ai dinosauri non piacque il rapido mutamento climatico che ne determinò l’estinzione.

Comunita energetiche sempre piu diffuse - immagine Renew
Comunità energetiche sempre più diffuse – immagine Renew

Comunità Energetiche: Finalmente Qualcosa Si Muove

In questa sede, come del resto è tipico della Fabbrica, non andremo a descrivere e raccontare fatti, storie e regole di come funzionano le comunità energetiche, perché ogni cosa può essere reperita in rete.

Quello che non si trova in rete è il “come” una comunità energetica dovrebbe essere per funzionare al meglio.

Allo stesso modo, ci soffermeremo sul come va intesa la generazione, con la successiva distribuzione dell’energia prodotta.

L’uncio fatto che conta a tal proposito, è che finalmente ora anche la normativa incoraggia la creazione e la diffusione di queste comunità energetiche sul territorio.

La strategia è la base di tutto

Italia Come Arabia Saudita Delle Fonti Rinnovabili

Lo diceva Jeremy Rifkin, anzi lo ha pure dimostrato, con calcoli alla mano.

In Italia le comunità energetiche rinnovabili sono la risposta numero uno assoluto al problema energetico.

Quando, già nei primi anni 10 (del XXI° secolo), l’Arabia Saudita, che “galleggia” sulle risorse fossili, faceva investimenti giganteschi nel settore delle rinnovabili, in Italia si pensava alle trivellazioni.

Anche oggi il punto è questo: in Italia si sbaglia sempre il “cavallo” su cui puntare.

Le difficoltà che si incontrano in termini di approvvigionamento dipendono solo dalla mancanza di programmazione.

Interessante notare che, nel caso dell’Italia, spesso ci si lamenta per due motivi, opposti, entrambi sbagliati:

  • da una parte si dice che il paese non ha risorse naturali e quindi è necessario trovare alternative, spesso altamente impattanti sul territorio
  • dall’altra si sente dire che il paese è “ricco” di gas e petrolio, cosa che è certamente “gonfiata” e ben lontana dal poter diventare un approccio soddisfacente nel lungo periodo

Poiché entrambe le valutazioni sono errate, la scelta cade nel mezzo: l’unica cosa da fare (se si vuole essere davvero autosufficienti sul piano energetico) è la seguente.

Da un lato fare una bella programmazione sulle comunità energetiche rinnovabili, dall’altro responsabilizzare i cittadini alla partecipazione attiva.

Questo per fare si che siano proprio loro a sfruttare il mix di fossili + rinnovabili in modo locale, capillare e soprattutto non impattante rispetto alla creazione di mega-impianti.

Questo perché tali impianti non hanno un futuro di lungo periodo e poi dovranno essere decommissionati. Con altri costi, senza contare l’eredità che lasceranno sul territorio.

10 ragioni per fare comunità energetiche – immagine REScoop

Comunità Energetiche: Cosa Sono

E’ importante prima di tutto conoscere cosa sono e come funzionano le comunità energetiche.

Le comunità energetiche rinnovabili sono da considerarsi essenziali sia per la decarbonizzazione sia per combattere il cambiamento climatico.

Esse consentono una riduzione della dipendenza dalle fonti fossili a vantaggio di una generazione distribuita dell’energia.

In pratica, si tratta della generazione di energia a livello locale, con quello che la comunità può avere a disposizione.

Una volta generata questa energia, essa è condivisa tra tutti gli abitanti della comunità, per ovviare ai problemi di approvvigionamento.

Se volessimo fare riferimento al senso “più puro” delle comunità energetiche, dovremmo aggiungere che l’energia potrebbe diventare “libera e gratuita”.

Pertanto, dovrebbe essere totalmente “disconnessa” dalle attuali reti di distribuzione.

Tuttavia, quasta “purezza” del concetto non trova accoglimento nei dettami normativi e politici. Sarà lunga ancora la strada per giungere ad un modello di comunità energetica “vera”, nel senso di completamente autonoma.

Come funzionano le comunità energetiche: la guida ufficiale – immagine Energy Cities

Comunità Energetiche: Come Funzionano

L’immagine postata qui sopra fa riferimento alla guida ufficiale per conoscere le comunità energetiche, pubblicata da Energy Cities. E’ una lettura caldamente consigliata a tutti coloro che desiderano saperne di più.

Adesso passiamo ad analizzare come una comunità energetica dovrebbe funzionare.

La produzione e la distribuzione di energia cambia, trasformandosi da “verticale” in “orizzontale” e partecipata con il contributo di ogni singolo cittadino.

La transizione verso un modello di questo tipo fa si che non siano più poche centrali produttive a produrre e distribuire l’energia, vendendola agli utenti, ma siano i medesimi utenti a produrla.

Questo può avvenire con l’utilizzo delle rinnovabili disponibili sul territorio.

Volendo, per come funzionano le comunità energetiche, si può anche giovare del “rabbocco” che può arrivare dalle fonti fossili, attraverso impianti locali a basso impatto che foraggiano la comunità.

Successivamente, questa energia è “messa in rete” a disposizione di chi ne avesse bisogno, un pò come accade per la condivisione dei files in internet.

Vista su Dardesheim e sul parco eolico Druiberg – immagine Energy Communities In Europe

Comunità Energetiche Locali

Molti definiscono le comunità energetiche rinnovabili come l'”internet dell’energia”.

Per semplificare in modo estremo, “invece di avere una centrale che produce 50 milioni di Watt, abbiamo 50 milioni di cittadini che producono 1 Watt ciascuno”.

Tuttavia, vediamo che ancora (ad esempio in Europa), le comunità energetiche non sono del tutto “autonome”.

Ad esempio in Danimarca, dove ancora i gestori hanno un ruolo importante nel rapporto con le comunità.

Questo accade per gli impianti eolici, a supporto della co-generazione condivisa.

Anche la Germania (di cui analizzeremo un caso pionieristico in seguito) è all’avanguardia in questa modalità di generazione e distribuzione, con una significativa aggiunta rispetto alla Danimarca, ad esempio.

In Germania, infatti, si è deciso di puntare su una più ampia diversificazione per dare maggiore enfasi al concetto di comunità energetiche rinnovabili (con più fonti).

Ciò ha reso possibile la nascita di comunità completamente autonome sia con il mini-eolico sia con l’energia solare.

Solo per citare un esempio tedesco, il parco eolico Druiberg, a Dardesheim, è emblematico. Al di fuori dei confini del villaggio rurale, 31 turbine eoliche da 66 MW sono state installate fin dai primi anni 90 del secolo scorso.

La proprietà del parco eolico è esclusiva dei residenti e l’autosufficienza energetica è stata raggiunta.

Inoltre, vi sono profitti annui che servono ad ampliare il progetto ed esportare le buone pratiche in altre parti limitrofe.

Così si va spediti erso la costruzione di una rete di autonomia energetica davvero sostenibile nel lungo periodo.

Comunità energetiche vantaggi a lungo termine – immagine Community Energy England

Comunità Energetiche: Vantaggi

Il primo aspetto da considerare attentamente è la capillarità della distribuzione, conseguenza di altrettanta capillarità nella generazione energetica.

La prima conseguenza che si registra è una straordinaria “democratizzazione” della produzione dell’energia.

Questo processo è capace di cambiare radicalmente e per sempre moltissimi rapporti sociali tra istituzioni e cittadini.

Il Prof. Rifkin fa spesso fa l’esempio della musica on line, che ha determinato la necessità di ripensare tutto questo tipo di commercio.

Lo stesso vale per l’editoria on line, che in pratica ha riscritto le regole del successo anche per chi, fino ad oggi, si è sempre servito solo della carta stampata.

Una sorta di rivoluzione digitale dell’energia.

L’intermittenza della produzione dovuta alle energie rinnovabili viene superata grazie alla possibilità di immagazzinare energia sotto forma di idrogeno. Questo è un gas leggero che non ha “data di scadenza” e può essere conservato senza nessun problema.

Per come funzionano le comunità energetiche ben realizzate, non affrontiamo la questione dei costi.

Questi sono condivisi e decisamente inferiori rispetto al presente, vista la co-generazione dell’energia.

Da ultimo, ma non ultimo, l’impatto ambientale che, pur essendo presente, è totalmente distribuito ed armonizzato con le capacità di mitigazione tipiche della natura.

Aggiungendo poi alle comunità energetiche rinnovabili un buon piano di difesa naturale e di preparazione alle emergenze che possono verificarsi su scala locale, il risultato sarà assolutamente epocale.

Comunità energetiche come cambio di paradigma
Lo schema di come funzionano le comunita energetiche – immagine Infobuildenergia

Comunità Energetiche: Schema

L’immagine postata sopra è molto esplicativa del modello che deve evolversi verso una produzione e distribuzione condivisa dell’energia.

Un tempo (fino ad oggi ed ancora oggi in maggioranza) pochi grandi impianti producevano tutta l’energia che veniva distribuita su scala nazionale, con perdite lungo la rete di distribuzione.

Ultimo atto del processo, il cittadino era visto solo come “entità pagante” perché fruitore di un servizio.

Da oggi e sempre più verso il futuro, il modello delle comunità energetiche rinnovabili prevede che molti piccoli impianti producano energia su scala locale.
Tale energia è disponibile grazie ad una rete condivisa ed arriva ai cittadini.

Essi, a loro volta, possono co-generarne altra, in questo avendo molti vantaggi economici, oltre che ambientali.

Il “rischio” vero è che vi sia una continua monopolizzazione della produzione anche su scala locale, cosa che va a diretto svantaggio della gestione condivisa.

Comunità energetiche sempre più articolate – immagine Octopus Energy

Comunità Energetiche Rinnovabili

Una delle chiavi di volta di questa “rivoluzione energetica” è la possibilità di creare una “rete alternativa”.

Questo significa fare in modo che le comunità energetiche possano essere “off-grid” ma “on the net”.

In pratica, una rete diversa che produce e distribuisce l’energia in modo completamente autoctono.

Già nei primi anni 2000 in Italia potevamo contare su esempi molto interessanti, che tuttavia la politica ha colpevomente ignorato.

Ad oggi, con una maggiore diffusione del concetto di “off-grid”, avremmo avuto molti meno problemi di approvvigionamento e soprattutto di costi.

Dalla Fabbrica del Sole – immagine FdS

Vivere Off-Grid: La Fabbrica Del Sole

Un bellissimo esempio di questa modalità di vivere “fuori dalla rete” lo abbiamo già da diversi anni e proprio in Italia. Si trova presso la Fabbrica del Sole di San Zeno (provincia di Arezzo).

Questa piccola realtà ha realizzato il primo idrogenodotto (si chiama HydroLab).

Esso permette ad una piccola comunità di essere totalmente indipendente in termini di acqua, elettricità e riscaldamento.

Già dal 2009 molti ambasciatori stranieri e moltissime realtà produttive internazionali hanno visitato questa comunità e ne hanno studiato le caratteristiche che ne consentono l’autosufficienza.

Si tratta di un esempio che ha fatto scuola, perché di fatto l’obiettivo dell’autosufficienza energetica è il vero obiettivo a cui tendere.

Attenzione, per far diventare autonome le comunità è più logico lavorare su di esse, in modo locale.

Divergendo quindi dalla tendenza di pensare ai mega-impianti che hanno il problema dei “mercati” da un lato e soprattutto della rete di distribuzione dall’altro.

Ricordiamo, a proposito di gas naturale, quanta energia si perde lungo la rete di distribuzione, pertanto più la produzione è locale è anche più efficiente.

Non solo solare per le comunità energetiche – immagine Physics World

Comunità Energetica: Fotovoltaico ed Altre Opportunità

Una delle difficoltà che ancora oggi ci troviamo di fronte è quella di definire con certezza la tipologie di energia che una comunità energetica può considerare.

Certo, molto dipende dalla situazione di base. Ad esempio, in Germania oltre il 90% di tutte le unità produttrici di biogas utilizza risorse locali per produrre energia.

Questo è molto importante, perché sarebbe decisamente contraddittorio far funzionare una comunità energetica foraggiandola con mega-impianti che prendono risorse anche da altre parti.

La chiave di tutto deve essere sempre la parola “locale“.

Una volta che tutto è calato nella realtà locale, ogni rischio è accettabile sia sul piano ambientale che incidentale.

Soprattutto, si può garantire la sostenibilità, perché ogni comunità ha le sue risorse di riferimento.

Pertanto, fotovoltaico, solare, micro-idroelettrico, mini-eolico, ma anche compostaggio di comunità con recupero energetico, piccoli impianti di biogas ed altre attività diventano possibili ed, anzi, auspicabili.

In pratica, tutti i processi che possono produrre energia vanno inseriti nell’ambito di una checklist speciale.

La finalità deve essere quella di permettere alle singole comunità di creare il proprio piano per raggiungere l’autosufficienza energetica.

Comunità energetiche che già sono un successo, come a Feldheim
Benvenuti a Feldheim dove i vantaggi delle comunità energetiche sono evidenti – immagine Gianella Channel

Prima Comunità Energetica: Il Caso Di Feldheim

Il caso della cittadina di Feldheim è senza dubbio la “pietra miliare” della generazione e distribuzione condivisa dell’energia.

In questo caso, infatti, abbiamo che la generazione di energia è totalmente privata ed avviene localmente, senza contare su appoggio esterno.

Sebbene vi sia una “fattoria eolica” nei pressi della cittadina, che fornisce elettricità, questa a sua volta va considerata “produzione locale”. Infatti l’energia è ad uso esclusivo di Feldheim.

Se l’elettricità è fornita dal vento, il gas è fornito da impianti di biogas locali.

Questi prevedono un “boost” di prestazioni grazie ad un sofisticato sistema basato su biomasse legnose da attivarsi solo in casi di particolare necessità (momenti più rigidi dell’inverno).

La città è scollegata dalla rete distributiva, perché ha una sua rete privata per abbattere i costi e soprattutto non disperdere energia.

La proprietà del distretto energetico è a partecipazione di cittadini, piccole imprese e comune, i che rende molto democratico e condiviso ogni processo, decisione o attività che riguarda la gestione della rete e della produzione di energia locale.

Comunità energetiche: come funzionano sul Portale del GSE – immagine GSE

Comunità Energetiche GSE

Meritano una importante menzione i gruppi di autoconsumo collettivo e di comunità energetiche rinnovabili del GSE, o Gestore Servizi Energetici.

L’immagine posta sopra presenta il portale sul quale è possibile effettuare i calcoli per sapere quanta energia potrà essere prodotta nell’ambito della propria comunità.

Ad oggi il servizio riguarda uno spettro limitato di modalità di generazione dell’energia.

L’auspicio è che nel futuro sempre più modalità prenderanno piede e, soprattutto, non troveranno di fronte “barriere politiche” che in esse vedono la “sfuggita” del controllo sulle politiche energetiche.

Dobbiamo però rilevare, per essere onesti al 100%, che queste comunità energetiche non sono esattamente “isole di autonomia” in senso stretto.

Infatti, come si legge sul sito del GSE, “l’energia condivisa… beneficia di un contributo economico” sulla base dei kWh condivisi.

Una “vera” autonomia prevede che vi sia indipendenza dai gestori energetici, comunque si tratta di un buon punto di partenza.

Verso l’autosufficienza, un altro dei vantaggi delle comunità energetiche

Le Comunità Energetiche: Verso L’Autosufficienza Per Davvero

C’è ancora un passaggio, perché se è vero che cento paletti non fanno una staccionata, allo stesso modo tante comunità indipendenti non fanno un piano nazionale sostenibile per la fornitura di energia.

Allora immaginiamo che questa piccola ma molto innovativa comunità sia un’isola nell’ambito del Paese e tantissime altre isole, seguendo il suo esempio, raggiungano il suo medesimo livello di autonomia sul piano energetico.

Ora pensiamo alla possibilità di “mettere in rete” tutte queste isole virtuose, ognuna delle quali produce energia per i propri fabbisogni ed anche di più.

Questo “di più” va a finire nella rete e si somma al surplus prodotto da altre comunità.

Ogni eccesso di produzione viene poi “pescato” dalla rete anche a distanza.

Questo accade attraverso un sistema intelligente (una smart grid) che sa calcolare il reale fabbisogno per l’utilizzo di ogni singola abitazione, o impresa, o altra realtà.

Autosufficienza raggiunta da un lato e riserva energetica dall’altro, senza dipendere da nessuno.

Esiste poi una chiara relazione tra l’insicurezza energetica (e/o la percezione di insicurezza) e stato di salute.

Si tratta di una frontiera non ben conosciuta che ha risvolti sociali ed economici di primaria importanza.

La comunità energetica Patagonia – immagine Patagonia

La Comunità Energetica: Come Dovrebbe Essere

Alla fine arriveremo ad un modello capace di esprimere tutti i vantaggi delle comunità energetiche.

Possiamo provare ad elencarli ma sappiamo che sono ben superiori e li scopriremo man mano “costruendo” l’internet dell’energia.

  • i cittadini non dovrebbero più pagare per acqua, luce e gas (o pagherebbero cife irrisorie se paragonate a quelle di oggi)
  • la rete consentirebbe all’energia di arrivare dappertutto, anche dove oggi fatica
  • vi sarebbe un enorme miglioramento delle condizioni dell’ambiente e del territorio
  • vi sarebbero le perfette condizioni per diffondere auto elettriche ed iniziative per la mobilità sostenibile

C’è una ulteriore conseguenza determinata dai vantaggi delle comunità energetiche.

Si tratta del grande impulso alla nascita di piccole e medie imprese, così come persino “botteghe artigiane”.

Queste avrebbero in comune la realizzazione di prodotti e servizi utili per applicare il nuovo modello di generazione e distribuzione dell’energia.

Certo, si tratta di una prospettiva un pò diversa che tende ad essere parzialmente “alternativa” alla generazione e distribuzione da parte delle grandi aziende come è stato fino ad oggi.

Ma si sa, parlare di “transizione” significa fare in modo che qualcosa cambi, ci si adatti e si evolva.

Troppo comodo fare la transizione a parole mentre si cerca di rimanere ancorati ad un passato che “tira” verso la direzione opposta.

Comunità energetiche sia come beneficio che come servizio
Bisogna immaginare e creare il futuro con i vantaggi delle comunità energetiche

Conclusioni

Al termine del nostro percorso di analisi sui vantaggi delle comunità energetiche, dobbiamo riflettere soprattutto sull’ultimo punto presentato nel paragrafo precedente.

A conti fatti, esso rappresenta una garanzia anche per i grandi produttori di energia che oggi di fatto monopolizzano questo mercat.

In tale concezione, essi continueranno ad avere un ruolo, lievemente diverso, ma comunque fondamentale per la realiazzazione della rete e del suo buon funzionamento.

Questo soprattutto perché la distribuzione, più che il potenziale approvvigionamento, rappresenta la sfida da vincere.

La prima cosa da fare per cominciare a portare sul territorio i vantaggi delle comunità energetiche è creare un portale per aiutare le comunità.

Esso deve integrare tutte le modalità di produzione dell’energia potenzialmente compatibili con il territorio (sull’esempio delle GSE) e calcolare la quota che si può produrre.

Non si può sentire che l’Italia non ha materie prime, semplicemente perché anteporre la materia prima all’energia è un ragionamento arcaico.

L’energia può derivare da tanti processi, per far avvenire i quali le risorse ci sono, anche senza necessariamente stravolgere il territorio.

Basta programmare, per l’appunto ed avere una strategia di medio e lungo periodo.

Il che, alla fine di tutto, è probabilmente più arduo del raggiungimento dell’autosufficienza energetica stessa.