Campi Petroliferi: Dopo L’Estrazione, La Natura Rinasce Così

Una fra le operazioni più importanti da realizzare per una transizione davvero ecologica è senza dubbio il totale recupero delle aree che erano adibite a campi petroliferi.

Si tratta di una sfida molto importante e non sempre accettata. Purtroppo, infatti, sono ancora moltissimi i suoli che soffrono per la presenza, in passato, di attività per l’estrazione del petrolio e/o del gas naturale.

La transizione ecologica impone di trovare nuove strade, senza però dimenticare che è necessario prima di tutto chiudere i conti con il passato.

L’esempio dei campi petroliferi va esattamente in questa direzione.

Esistono soluzioni strategiche molto utili ed immediatamente realizzabili per riportare alla vita aree ad oggid epresse ed a sempre maggiore rischio per la concomitante azione del cambiamento climatico.

Andiamo a scoprire cosa fare per ripristinare queste aree cruciali per gli ecosistemi e lo sviluppo economico.

Sapendo già fin subito, che è possibile riportarle a condizioni persino migliori di quanto fossero in passato.

Campi petroliferi che rinascono dopo il termine delle attività

Campi Petroliferi Come Fattore Di Rischio

Le operazioni di estrazione degli idrocarburi rappresentano ancora in questi momenti un cardine della politica energetica mondiale.

Tuttavia, non sempre si può dire che l’impatto di queste operazioni sia ben assorbito dal territorio.

Anzi, ancora nella maggioranza dei casi, capita di trovare aree desolate, inquinate e totalmente impoverite alla cessazione dell’estrazione delle preziose risorse.

Sale, pH alterato, ma anche la presenza ingente di metalli pesanti così come di altri inquinanti, rappresentano un grave rischio che, a peggiorare le cose, può anche essere esportato.

Anche l'agricoltura è a rischio potenziale per le emissioni dei campi petroliferi - immagine kitty851 @Pixabay
Anche l’agricoltura è a rischio potenziale per le emissioni dei campi petroliferi – immagine kitty851 @Pixabay

L’Esportazione Del Rischio Che Si Origina Nei Campi Petroliferi

A seguito di fattori ambientali e/o climatici, tutto ciò che soffoca la vita nei campi petroliferi può migrare ed estendere il rischio.

Basti pensare al sale, ma anche ai metalli pesanti, che si trovano al suolo.

Sfruttanto venti, piogge ed altri parametri come temperature favorevoli, la contaminazione può estendersi ed affliggere aree che, al contrario dei campi petroliferi, sono vitali e magari persino produttive (es. agricoltura).

Si deve quindi immaginare un doppio rischio in questi casi: il primo è quello diretto, che riguarda il sito delle precedenti operazioni industriali e che coinvolge anche (in taluni casi) le acque superficiali e profonde (questo dipende dalla tipologia di operazioni effettuate, ad esempio nel caso del fracking).

Il secondo rischio è indiretto: gli inquinanti possono migrare, seguendo varie linee e di fatto “contagiare” altre zone.

Il ripristino è dunque necessario ed urgente.

Un'azione strategica importante per riportare la vita nei campi petroliferi - immagine simon94 @Pixabay
Un’azione strategica importante per riportare la vita nei campi petroliferi – immagine simon94 @Pixabay

La Base dell’Azione Sui Campi Petroliferi

L’intervento in questi contesti deve essere costante e continuo, ecco perché non si può fare riferimento ai “vecchi metodi” come l’escavazione e la rimozione (enormemente costosa).

L’uso delle piante che assorbono gli inquinanti dal suolo è l’opzione da preferire, per garantire anche una buona rivegetazione dell’area.

Tuttavia, questo approccio è spesso di difficile realizzazione pratica, a causa soprattutto di due fattori determinanti, che sono la salinità ed il pH alcalino.

La combinazione di questi due fattori può rendere impossibile la vita di molte piante.

Ecco che, in moltissimi casi, si aggiungono utili microrganismi per fare in modo che le piante possano diventare più tolleranti a questi fattori.

Bisogna selezionare le piante sulla base della loro capacità di sopravvivenza oppure aumentarla appositamente - immagine MargaritaMorales @Pixabay
Bisogna selezionare le piante sulla base della loro capacità di sopravvivenza oppure aumentarla appositamente – immagine MargaritaMorales @Pixabay

La Selezione Di PIante Adatte All’Intervento Nei Campi Petroliferi

Questa è una prospettiva molto interessante e decisamente da promuovere.

Si tratta della possibilità di “abituare” alcune specifiche piante alla vita in ambienti ricchi di sale, oppure caratterizzati da particolari valori di pH (sfavorevoli alla loro crescita).

Questo può avvenire artificialmente, vale a dire facendo crescere appositamente le piante su terreni appositamente “inquinati” per lo scopo.

In alcuni casi, questo processo però accade in natura, ad esempio proprio in prossimità dei campi petroliferi attorno ai quali si nota la presenza di determinata vegetazione.

Sono proprio queste piante, in grado di crescere in condizioni sfavorevoli, ad essere le migliori candidate per l’intervento.

Le piante che crescono in prossimità dei campi petroliferi sono la prima opzione - immagine RJA1988 @Pixabay
Le piante che crescono in prossimità dei campi petroliferi sono la prima opzione – immagine RJA1988 @Pixabay

Le Tre Piante Per Rivitalizzare I Campi Petroliferi

Sono almeno tre le piante che si possono usare (in linea generale) per riportare la vita nelle aree che sono state impoverite dalla presenza delle operazioni petrolifere.

Si tratta delle seguenti:

  • Erba medica (Medicago sativa)
  • Festuca arundinacea
  • Lolium perenne

Tutte queste piante sono sensibili alla presenza degli inquinanti tipici dei campi petroliferi.

In particolare, ai TPH (idrocarburi totali), che possono essere presenti anche in elevate concentrazioni.

La salinità e le condizioni di pH spesso estreme rendono la loro vita quasi impossibile.

I campi petroliferi un teatro molto difficile su cui lavorare per il risanamento ambientale - immagine simon94 @Pixabay
I campi petroliferi un teatro molto difficile su cui lavorare per il risanamento ambientale – immagine simon94 @Pixabay

Un Contesto Tra I Più Difficili Su Cui Intervenire

Gli inquinanti (ed in particolare i TPH) nei campi petroliferi, in generale, inibiscono fortemente la crescita delle piante.

Senza contare gli effetti sulla fertilità del suolo, oltre a molti parametri chimico-fisici che concorrono al medesimo risultato (vita quasi impossibile per le piante).

Tuttavia, proprio grazie a queste caratteristiche del suolo, gli elementi naturali (riportati sopra) che crescono in aree vicine ai campi petroliferi possono diventare strumenti per una buona decontaminazione.

Senza dimenticare la rivegetazione, resa possibile dall’adattamento di queste piante alle difficili condizioni ambientali (e spesso anche climatiche).

La Medicago sativa ha dato i migliori riscontri per risanare i campi petroliferi - immagini jungfangsys @ Pixabay
La Medicago sativa ha dato i migliori riscontri per risanare i campi petroliferi – immagini jungfangsys @ Pixabay

L’Erba Medica Come Migliore Opzione Per I Campi Petroliferi

A titolo di premessa, va detto che i risultati qui presentati possono essere diversi in contesti che non presentino le medesime (o molto simili) caratteristiche.

Questa è una “regola generale” che vale per tutti gli interventi di risanamento ambientale realizzati con elementi naturali.

In questa circostanza, la piantumazione dell’erba medica (Medicago sativa) può consentire di ottenere un buon risultato.

Le varie prove effettuate sul campo hanno dimostrato che questa erba può rimuovere oltre il 70% dei TPH responsabili di così tanti problemi ambientali.

Un risultato di tutto rispetto, se si pensa che il teatro dell’azione è un suolo salino e con pH alcalino.

Una rivegetazione con Festuca arundinacea - immagine New Zealand Lawn Addicts
Una rivegetazione con Festuca arundinacea – immagine New Zealand Lawn Addicts

Discreti Risultati Anche Per Le Altre Piante Selezionate

Per quanto riguarda le altre piante che possono crescere in vicinanza di campi petroliferi ed acquisire capacità di sopravvivenza, abbiamo quanto segue.

La Festuca arundinacea può raggiungere poco più del 60% di rimozione dei TPH.

A proposito del Lolium perenne, la quota di TPH assorbiti arriva a poco più del 55%.

Nel caso di quest’ultima, si tratta infatti di una pianta più adatta ad altri contesti, qui selezionata soprattutto per le sue capacità di adattamento, piuttosto che per la sua affinità nei confronti dei TPH.

Una volta definito cosa sarebbe più indicato usare, va sottolineato che solo particolari tipi di idrocarburi rispondono bene al trattamento.

Una tabella con gli alcani a catena più corta – immagine Wikimedia Commons

Conoscere Bene L’Inquinamento Dei Campi Petroliferi

Quanto osservato in precedenza ha come obiettivo preferenziale gli alcani a catena corta.

L’immagine postata sopra li presenta in modo sommario, giusto per dare un’idea degli inquinanti nei confronti dei quali questa soluzione funziona meglio.

Alcani a catena corta ed idrocarburi con pochi anelli aromatici (IPA) sono l’obiettivo preferenziale di questa soluzione.

Pertanto, prima di cominciare anche solo a selezionare o “allenare” le piante (sopratttutto di Medicago sativa), è essenziale conoscere se le caratteristiche della contaminazione al suolo sono compatibili con il migliore risultato che si può ottenere.

Sulla base di questa valutazione, si potrà decidere di associare alla presente soluzione altri strumenti naturali per ottenere buoni risultati, anche nei confronti di inquinanti con diverse caratteristiche.

La Medicago sativa è molto indicata per il risanamento e la rivegetazione dei campi petroliferi - immagine Wikimediaimages @Pixabay
La Medicago sativa è molto indicata per il risanamento e la rivegetazione dei campi petroliferi – immagine Wikimediaimages @Pixabay

La Selezione Delle Piante Come Momento Più Importante

La prima cosa da fare, in previsione dell’uso di questa soluzione, è senza dubbio valutare la presenza (o meno) di questi elementi naturali nell’intorno.

E’ molto importante partire con ciò che la natura già mette a disposizione; in alcuni casi, infatti, potrebbe essere persino sufficiente “spostare” le piante dalla periferia verso il centro del campo petrolifero.

L’altro dato da conoscere è il grado di compromissione per la vita degli elementi naturali presentato dall’area di intervento.

Più le condizioni sono difficili, più bisogna “affinare” la capacità di vita delle piante.

Infine, bisogna determinare con la massima precisione quali TPH sono maggiormente presenti, per valutare di intervenire anche in momenti successivi su diverse categorie di inquinanti.

Una rivegetazione con la Medicago sativa - immagine emersonlfj @ Pixabay
Una rivegetazione con la Medicago sativa – immagine emersonlfj @ Pixabay

La Rivegetazione Come Base Per Continuare

In presenza di piante adatte a crescere sui campi petroliferi, è importante intervenire il prima possibile, indipendentemente dalla tipologia di inquinanti verso cui esse dimostrano un buon assorbimento.

Infatti, se le piante sopravvivono, può già partire la rivegetazione.

Una volta che l’ecosistema è progressivamente ripristinato, potranno arrivare gradualmente sempre più microrganismi in grado di attaccare anche diversi altri inquinanti.

In alternativa, questi possono essere aggiunti “manualmente”, sempre in modo rispettoso della biodiversità del luogo.

Si tratta di un lavoro che deve procedere gradualmente; le prime fasi sono cruciali non soltanto per la riduzione dell’inquinamento presente, ma anche per il recupero dell’intero ecosistema.

Un tipico suolo salino-alcalino - immagine Agri Learner
Un tipico suolo salino-alcalino – immagine Agri Learner

Una Soluzione Adatta Ai Suoli Salino-Alcalini

Quelli caratterizzati da elevata salinità ed alto valore di pH sono senza dubbio tra i contesti più complessi da affrontare, quando si vuole riportare alla vita un ecosistema.

Tuttavia, questa soluzione parte dalla considerazione che esistono piante in grado di adattarsi (questa è la parola chiave) al contesto ambientale e climatico.

Al momento, questa soluzione che prevede l’uso prevalente della Medicago sativa per rimuovere i TPH (alcani a catena corta ed idrocarburi con pochi anelli aromatici), è una delle poche raccomandate caldamente per questi tipi di suoli.

Tuttavia, altre piante possono adattarsi alla situazione e, cosa persino più interessante, potrebbero essere associate alla Medicago sativa nell’ottica di una rivegetazione, perché assorbono meglio gli inquinanti su cui l’erba medica non agisce così efficacemente.

Ancora una volta è una questione di strategia.

Quando ben organizzati, gli elementi naturali possono fare veri e propri “piccoli miracoli”.

Campi petroliferi che rinascono dopo il termine delle attività

Conclusioni

Il recupero completo delle aree che furono campi petroliferi è un cardine della vera transizione ecologica (o dovrebbe esserlo).

Ancora oggi sono troppi i siti che versano in stato di completo abbandono, il che rappresenta il migliore contesto possibile per il propagarsi dei molti inquinanti ivi presenti.

La possibilità di usare una pianta piuttosto comune, in grado di adattarsi bene a condizioni difficili, non può essere sprecata.

Senza contare che questa soluzione rappresenta la base per molte altre, che possono sfruttare piante diverse per contesti altrettanto diversi, sulla base delle condizioni ambientali di partenza.

Una soluzione che non necessita nemmeno di un aiuto dall’esterno (es. con additivi), sebbene ve ne siano svariati che permettono di ottenere persino di più.

La vera sfida, in questo caso, è logistica: serve una struttura in grado di “allenare” le piante e renderle sempre più disponibili per ottenere risultati sempre migliori.

Così, la rimozione degli inquinanti può andare di pari passo con la rivegetazione.

Per un successo ancora più grande.