Barriera Corallina: Le 10 Regole d’Oro Per Salvarla

Salvare la barriera corallina è un obbligo: per la verità dovremmo parlare di barriere coralline, che sono molte e variegate, non esiste solo la (benché famosissima) Grande Barriera Corallina Australiana a cui probabilmente va subito il pensiero quando ci si immagina questo straordinario ecosistema.

Per salvare le barriere coralline, tuttavia, è necessario un grande sforzo e non solo da parte delle istituzioni: cittadini, imprese, associazioni, qualsiasi forma della società civile ha una sua responsabilità.

Siamo arrivati ad un punto in cui la conservazione non è l’unica modalità d’azione.

Infatti, troppi coralli sono stati persi e continuano ad essere persi, per svariati motivi, dal cambiamento climatico all’inquinamento.

Alla conservazione va applicato il recupero, la ricostruzione di ecosistemi danneggiati di cui non possiamo fare a meno per la vita sul pianeta.

Le barriere coralline ci stanno insegnando molto, sul rapporto che dobbiamo avere con l’ecologia e con la necessità di agire per ripristinare la natura, prima di ogni altra iniziativa ambientale.

Barriera corallina da salvare per il bene del pianeta
La barriera corallina da salvare per il bene del pianeta e di tutti i suoi abitanti

Barriera Corallina: Un Patrimonio Unico

La barriera corallina rappresenta un patrimonio straordinario dal punto di vista della sua funzione ecologica, ma è anche un ottimo indicatore dello stato di salute del pianeta.

Tuttavia la sua “specificità”, vale a dire il fatto di trovarsi sotto la superficie del mare, un pò come accade anche per molte alghe marine e d’acqua dolce, rischia di renderla “poco visibile” a chi vive in zone geografiche molto lontane.

E’ un pò come accade per i temi che non ci toccano da vicino (in apparenza).

Ecco perché è importante presentare tutti i benefici che le barriere coralline portano al pianeta, al fine di sensibilizzare soprattutto chi non si è mai soffermato a pensare quanto esse possano essere rilevanti anche per chi si trova a molte migliaia di km di distanza.

Anche perché non c’è solo la barriera corallina australiana.

La prima cosa da fare per conoscerle meglio è distinguerle e passarne in rassegna alcuni esempi.

Non tutte le barriere coralline sono uguali
Non tutte le barriere coralline sono uguali

Barriere Coralline: Simili e Diverse

Le barriere coralline non sono tutte uguali, ne esistono infatti almeno 3 tipi diversi, classificati in questo modo già nel XIX° secolo, nientemeno che da Charles Darwin.

Ci sono le barriere di frangenti, che si sviluppano parallelamente alle coste e sono ad esse collegate direttamente: le troviamo soprattutto nei Caraibi, nel Mar Rosso e lungo le coste dell’Africa Orientale.

Ci sono poi le barriere di piattaforma, simili alle precedenti con la particolarità di non essere collegate alle coste e possono quindi trovarsi in mare aperto: risultano diffuse in Papua Asia, isole Fiji, Nuova Caledonia, ma anche dalla “parte opposta”, vale a dire alle Bahamas ed in Belize.

La Grande Barriera Corallina Australiana è a sua volta una barriera di piattaforma.

Ci sono infine gli atolli, che si sviluppano in cerchio racchiudendo una laguna centrale: sono localizzate prevelentemente nell’Oceano Pacifico, ma si trovano anche in quello Indiano (le isole Maldive sono completamente su atolli).

Andiamo ora un pò più in profondità (letteralmente) e scopriamo un’altra importante tipologia di barriere coralline.

Le barriere abissali sono essenziali per l’ecosistema

Barriere Coralline Abissali

Vengono chiamate “barriere coralline di acque profonde”, proprio perché si trovano nelle profondità marine: un altro nome per definirle è “barriere coralline di acqua fredda”.

Si trovano nelle profondità dell’oceano, dove non arriva luce e proteggono alcuni tra i coralli (ed altre specie) più importanti per l’ecosistema marino.

Il fatto di trovarsi sui fondali non le mette al sicuro dai rischi legati alla presenza dell’uomo: l’uso indiscriminato della pesca con reti a strascico le danneggia costantemente.

Passiamo ora in rassegna alcune fra le più suggestive barriere coralline del pianeta, concentrando però la nostra attenzione sul loro stato di salute e di conservazione.

L’isola di Chumbe a Zanzibar – immagine Markus Meissl

Le Barriere di Zanzibar

In questa parte del mondo l’economia locale è molto legata alla presenza delle barriere, sia per il valore turistico, sia per il cibo.

Come ci si potrebbe aspettare, le barriere coralline in questa zona risentono di alcuni problemi, in particolare legati all’inquinamento, alle attività della pesca intensiva e naturalmente al clima che cambia.

In particolare, è stata notata la presenza in quantità variabile di metalli che stanno compromettendo la salute dei coralli.

Arsenico e cadmio sono diffusi su tutte le barriere, in virtù di attività industriali locali e di scarichi diretti in mare.

I coralli di Zanzibar sono pericolosamente a rischio anche per la presenza della stella corona di spine: si tratta di una stella marina che deve il suo nome alle spine (con veleno) che la ricoprono.

Questa stella marina ha un grande potenziale distruttivo per le barriere coralline e dove è presente rappresenta una minaccia molto seria per i coralli.

La posizione della barriera corallina italiana – immagine Istituto Capialbi

La Barriera Italiana

Nel 2019, anche in Italia è stata trovata una importante barriera corallina, almeno sulla base di quanto riportato da alcuni studiosi.

Siamo al largo delle coste pugliesi, in corrisponenza della città di Monopoli.

La barriera identificata si trova ad una profondità che varia dai 30 ai 50 metri e si sviluppa per circa 2,5 km (ma secondo gli studiosi potrebbe essere molto più estesa).

E’ una barriera “mesofotica”, cioè che si trova in zona poco illuminata: sono barriere piuttosto rare e questo rende ragione della sorpresa degli esperti quando è stata scoperta.

Anche perché la situazione nel Mediterraneo è abbastanza desolante.

Uno scorcio della barriera di Mljet – immagine Dr. Simon J Pittman

La Situazione nel Mediterraneo

Un tempo, il Mediterraneo pullulava di barriere coralline; poi, con il tempo, si sono tutte estinte.

Per la verità ancora qualcosa rimane, ad esempio al largo delle coste della Croazia, in particolare nell’isola di Mljet: si tratta comunque di una piccola estensione.

Nel 2003, un’ondata di calore anomala invase il mar Mediterraneo e questo fu devastante per le già piccole e sparute formazioni coralline presenti.

A seguito delle osservazioni che sono state condotte nella riserva marina di Scandola (Corsica) si è notato che nel Mediterraneo la situazione è persino più grave che nel resto del mondo.

I coralli, infatti, non sbiancano, ma muoiono direttamente per la perdita di tessuto con conseguente esposizione dello scheletro.

Ciò che rende pessimisti gli studiosi è il fatto che ormai da un pò di anni le ondate di calore che prima erano considerate “anomale” ora sono diventate la “nuova normalità”.

Fattori antropici e clima che cambia rendono urgente l’identificazione di alcuni “rifugi” che possano esser relativamente riparati dalle elevate temperature marine.

Questo può essere un modo per ridare speranza alla vita dei coralli nel Mediterraneo.

Il corallo del Mar Rosso è una speranza per tutte le barriere coralline del mondo – immagine Guilhem Ban Prandhi

Le Barriere di Naama Bay e Gorgonia Beach

Conosciuta per essere una delle più suggestive e visitate del mondo, questa barriera corallina nasconde alcuni problemi molto seri che la minacciano quotidianamente.

Lo stesso turismo rappresenta un rischio importante: infatti, nel corso degli anni si è registrata una progressiva usura fino alla scomparsa di alcune specie di coralli con conseguente riduzione di biodiversità.

Ma c’è di peggio, in quanto il corallo del Mar Rosso ha dimostrato di avere una buona resilienza nei confronti delle temperature marine che si innalzano.

Molti scienziati ripongono proprio in questo corallo le loro speranze di salvare dal cambiamento climatico gli ecosistemi marini.

Purtroppo, a seguito di una indagine effettuata dalla BBC poco prima della COP 27 (2022) in Egitto, pare che siano stati sversati direttamente in mare, qualcosa come 16 piscine olimpioniche di acqua tossica (al giorno) proveniente dal terminal petrolchimico della Shukeir Oil.

Una situazione che, se confermata, è certamente devastante per l’ecosistema e per il corallo del Mar Rosso, che dimostra di adattarsi al cambiamento climatico ma rischia di morire per la scelleratezza umana.

Il corallo fluorescente ad Aruba – immagine Netflix

Le Barriere di Aruba

Si tratta di barriere che da molto tempo devono fare i conti con inquinamento chimico, particolarmente da petrolio, senza contare i rifiuti, il turismo intensivo e naturalmente gli effetti del cambiamento climatico.

Nel caso di Aruba è evidente il contrasto tra la bellezza ed il valore naturalistico da un lato ed i gravi pericoli che incombono dall’altro.

In particolare le attività petrolchimiche, attive da oltre 60 anni, hanno segnato in modo molto caratteristico lo sviluppo delle barriere coralline, che risultano alterate per tratti di decine di km.

Non è un caso che ad Aruba sia stato realizzato uno studio incredibilmente dettagliato sullo stato di salute delle barriere coralline nel tempo: solo per veri intenditori ed appassionati, lo potete trovare qui (in lingua inglese).

Alcuni simpatici abitanti delle barriere coralline a Bora Bora - immagine Eatlivetraveldrink
Alcuni simpatici abitanti delle barriere coralline a Bora Bora – immagine Eatlivetraveldrink

Le Barriere di Bora Bora

Questo luogo, che nell’immaginario collettivo spesso è equiparato ad una sorta di “paradiso terrestre” sul piano naturalistico (al netto dei disastri ambientali commessi in passato), sta sperimentando una serie di problemi di non poco conto.

Prima di tutto, la diffusione della temibile stella corona di spine, arrivata misteriosamente in Polinesia nel 2006.

L’effetto a Bora Bora è stato e continua ad essere molto importante: centinaia di acri di corallo sono già stati danneggiati da questo “flagello” per le barriere coralline.

Un altro evento che ha compromesso lo stato di salute della barriera è il ciclone Oli, verificatosi nel 2010.

L’impatto sui coralli è stato devastante, con danni che si sono spinti oltre 30 metri in profondità.

Ora, grazie ai numerosi interventi di protezione e conservazione operati dalla Global Coral Reef Alliance la situazione è in miglioramento.

Il posizionamento di maglie metalliche in mare che si arrugginiscono presto fa da centro di aggregazione per i nuovi coralli che successivamente sono portati sulla barriera.

Una nuova speranza per uno dei luoghi più affascinanti del pianeta.

La scoperta della nuova barriera a Tahiti – immagine Earth Org

Nuova Barriera Corallina

Potrebbe sembrare strano o curioso, sta di fatto che al largo di Tahiti (Polinesia Francese) è stata scoperta (notizia di Gennaio 2022) una nuova barriera corallina, che risulta essere particolarmente ben conservata.

Quello che la rende unica nel suo genere è che si trova ad una profondità che varia dai 30 ai 60 metri: inoltre, si estende per più di 3 km.

La barriera è rimasta nascosta per molto tempo proprio per la sua collocazione, in acque più profonde e non oggetto di immersioni a scopo ricreativo.

La sua scoperta è stata possibile nell’ambito di uno specifico progetto finanziato dall’UNESCO, che prende il nome di SeaBed 2030: si tratta di un progetto finalizzato a mappare i fondali marini.

I fondali sono estremamente importanti per l’ecosistema, pertanto una loro mappatura ci aiuterà a proteggerli meglio.

Sempre la sua collocazione in profondità è probabilmente la ragione per la quale questa barriera non presenta segni di sbiancamento, fenomeno che invece affligge molte delle barriere polinesiane.

Non sarà come la barriera corallina australiana, ma è una dimostrazione di come la natura possa ancora stupirci.

Non solo per le sue capacità di resistere agli agenti inquinanti ed al clima che cambia, ma anche per la scoperta di ambienti inesplorati ed affascinanti.

La prua del Titanic sul fondo dell’oceano – immagine Wikipedia

Barriera Corallina Vicino Al Titanic

Quando si pensa al relitto del Titanic, una delle prime immagini che vengono in mente (o una delle prime) è la prua di questa enorme nave quasi completamente ricoperta dai “rusticles”, tipici sedimenti di ossidi e batteri (tra questi c’è anche l’Halomonas titanicae, un batterio trovato nel 2010 e denominato così proprio in onore alla nave che fu di punta della White Star Line).

Ebbene, in vicinanza del relitto, proprio durante una delle numerose spedizioni effettuate per studiare l’evoluzione di ciò che rimane del Titanic, è apparsa una nuova barriera corallina.

Si trova a 2.900 metri circa di profondità, priva di qualsiasi segno di contaminazione e ricca di coralli d’acqua fredda, pesci, spugne ed aragoste.

Un vero tesoro da preservare e difendere, perché aggiunge valore naturalistico ed ambientale ad un luogo che, per altri motivi, rappresenta un simbolo straordinario della storia dell’uomo, con le sue ambizioni ed i suoi fallimenti.

Le barriere coralline, come la grande barriera corallina australiana, sono santuari di biodiversità
Questi habitat naturali sono preziosi e con molte funzioni

La Barriera Corallina: Informazioni Generali

Le barriere coralline hanno svariate funzioni, tutte importantissime per la vita sul pianeta.

Uno degli aspetti essenziali è la biodiversità, senza la quale tutto l’ecosistema marino non potrebbe sopravvivere (o sopravviverebbe in modo alterato).

Senza contare il valore economico per molte popolazioni che dipendono dalle barriere, sia sul piano del turismo che su quello delle attività della pesca.

Un vero e proprio “mondo sommerso” che, tuttavia, è molto più vicino a noi di quanto possiamo immaginare.

A Cosa Serve La Barriera Corallina

Non è solo una questione di bellezza naturalistica: le barriere coralline sono importanti, ad esempio, per fare da freno agli uragani che si abbattono sulle coste.

Tuttavia, la funzione più importante è quella di poter conservare la biodiversità marina, creando habitat ideali per organismi unici ed essenziali per l’ecosistema.

Ecco perché è molto importante proteggere questo mondo sommerso che, nonostante sia sotto il profilo dell’acqua, influenza in modo diretto la vita sulla terraferma.

Uno dei modi attraverso cui questo accade è legato all’economia di molte zone costiere, che proprio grazie alla barriera corallina trovano il modo per sostenersi ed aprirsi ai commerci con l’esterno.

Le barriere coralline come santuari di biodiversità
Le barriere coralline come santuari di biodiversità

Barriera Corallina: Biodiversità e Salute

La biodiversità delle barriere coralline è salute sia per l’ecosistema che per la qualità di vita delle persone, ma c’è di più.

Secondo stime pubblicate nel 2020, infatti, circa 500 milioni di persone nel mondo guadagnano da vivere grazie alle opportunità che le barriere coralline rappresentano.

In particolare, si tratta di attività della pesca e del turismo.

Sempre a proposito di salute, possiamo fare un parallelismo con la foresta amazzonica.

Così come la grande foresta sudamericana è il polmone verde del pianeta ed è ricca di elementi naturali utilissimi per la produzione di farmaci e trattamenti medici, i piccoli animaletti che formano la barriera corallina sono spesso utilizzati come base per la sintesi di farmaci e molecole con attività terapeutica, inclusi alcuni antitumorali.

Questo non fa che aggiungere urgenza alla necessità di proteggere un ecosistema decisamente sottovalutato che non possiamo permetterci il lusso di perdere (e nemmeno di compromettere ulteriormente).

Le barriere coralline come foreste subacquee
Le barriere coralline come foreste subacquee

Fondale Barriera Corallina

Proprio come abbiamo citato poco sopra, molti scienziati considerano le barriere coralline come vere e proprie “foreste subacquee”, attribuendo ad esse le medesime funzioni ed importanza delle omologhe sulla terraferma.

In questo caso non abbiamo a che fare con elementi vegetali, perché i coralli appartengono al regno animale; polipi, alghe e la parte dura del corallo diventano metafora dei fiori, delle foglie e del legno degli alberi.

Spesso non si attribuisce la necessaria importanza agli oceani ed agli ecosistemi marini sia nella lotta ai cambiamenti climatici sia a quella per un ambiente più pulito e più sano.

Ecco perché è utile andare a conoscere un pò più da vicino quella che senza dubbio può considerarsi come la “cartina tornasole” dello stato di salute delle barriere coralline di tutto il mondo.

La grande barriera corallina australiana vista dall'alto - immagine Your Weather UK
La grande barriera corallina australiana vista dall’alto – immagine Your Weather UK

Grande Barriera Corallina: Molto Dipende Da Qui

E’ una delle meraviglie naturali del nostro mondo, composta da circa 3.000 barriere coralline e 900 isole.

Con un’estensione di quasi 350.000 km quadrati, lunga oltre 2.300 km, è visibile dallo spazio e rappresenta il patrimonio naturalistico sottomarino più spettacolare del nostro pianeta.

Si capisce come questo straordinario luogo possa essere importante, anzi essenziale, non solo per la vita di chi si trova nelle vicinanze.

Ciò che accade alla barriera corallina australiana è lo specchio delle condizioni di salute del nostro pianeta.

Un particolare della grande barriera corallina australiana - immagine Check Yeti
Un particolare della grande barriera corallina australiana – immagine Check Yeti

Barriera Corallina Australiana

Al largo delle coste orientali del Queensland, possiamo trovare una straordinaria biodiversità ma, con essa, anche alcune importanti minacce.

Oltre alle “solite” questioni legate ad inquinamento e, soprattutto, all’aumento della temperatura delle acque, c’è dell’altro.

Ancora qui la presenza della stella corona di spine che continua la sua opera distruttiva ai danni dei variegati coralli della barriera.

Inoltre, dal 1998 ad oggi ci sono stati almeno 6 grandi fenomeni di “sbancamento in massa” a causa del cambiamento climatico.

Sommando questo all’azione dei cicloni tropicali tipici della zona, si è osservato che tra il 2016 ed il 2020 la velocità con cui si stanno perdendo i coralli superficiali della barriera corallina australiana è notevolmente aumentata.

Qui sotto possiamo avere un’idea di come la barriera corallina australiana si sta trasformando.

La grande barriera corallina australiana ha bisogno di aiuto - immagine CNN
La grande barriera corallina australiana ha bisogno di aiuto – immagine CNN

Barriera Corallina Australiana Prima e Dopo

L’immagine postata sopra lascia ben poco spazio all’immaginazione.

La barriera corallina australiana è in grande difficoltà e sforzi meritori per salvarla sono in atto da tempo.

Tuttavia, l’estensione da una parte e le condizioni ambientali/climatiche dall’altro non aiutano certo i tentativi di salvataggio e conservazione.

Proprio perché la grande barriera corallina australiana è spechio di cosa sta accadendo nel mondo, possiamo immaginare che la situazione generale non differisca di molto.

Un doppio effetto di danno per le barriere coralline inclusa la grande barriera corallina australiana
Come cambiano i coralli a causa del cambiamento climatico e dell’inquinamento – immagine Sydney Morning Herald

Barriere Coralline A Rischio

Tutte le barriere coralline sono a rischio per molti motivi, che possiamo raggruppare in due grandi categorie: inquinamento chimico e cambiamento climatico.

In seguito approfondiremo meglio l’improtanza di questi fattori, ora cominciamo ad avere un’idea di quali siano i rischi specifici (almeno alcuni fra i più rilevanti).

Senza entrare in eccessivo dettaglio, ricordiamo subito i rischi che le barriere corrono per la presenza di IPA (Idrocarburi Policiclici Aromatici).

Questi inquinanti si accumulano meglio in alcuni organismi, ad esempio la Tridacna: questo accumulo risente anche della latitudine.

Nonostante siano ben poco indagati, anche alcuni tipi di ritardanti di fiamma possono inquinare le barriere coralline e compromettere la sopravvivenza dei coralli.

Nel 2018, per la prima volta uno studio molto importante ha testimoniato la presenza dei PFAS nei coralli.

Dai coralli possono passare ai pesci, ad esempio in presenza di Cephalopholis urodelus o Cernia dalla coda a V (mari della Cina), quindi entrare nella catena alimentare.

L’inquinamento sta cambiando il profilo ambientale di molti ecosistemi e le barriere coralline non fanno eccezione.

L'inquinamento da scarichi diretti è un problema molto grave per le barriere coralline - immagine Ocean Sewage International
L’inquinamento da scarichi diretti è un problema molto grave per le barriere coralline – immagine Ocean Sewage International

Barriera Corallina In Pericolo

C’è un’altra minaccia molto seria e sempre più diffusa nel mondo, che anche in ambiente marino sta determinando importanti conseguenze.

Si tratta della presenza di sempre nuovi inquinanti emergenti: sono persino più pericolosi perché la maggior parte non sottoposti ad una specifica regolamentazione.

Un caso emblematico (anche in considerazione della pandemia da COVID-19) è il trend in crescita dell’inquinamento da farmaci ed antibiotici.

Varie evidenze dimostrano che una volta in contatto con i coralli, i farmaci esercitano un’azione di rallentamento e compromissione del ciclo vitale di questi organismi.

Il bioaccumulo e la concomitante presenza di altri inquinanti emergenti sono aspetti che rivestiranno un’importanza sempre maggiore in futuro.

Lo sbiancamento è un feneomeno che interessa molte barriere coralline inclusa la grande barriera corallina australiana
Il tipico sbiancamento dei coralli – immagine BBC

Sbiancamento Barriera Corallina

Quando sono sottoposti ad un certo carico di stress termico (alte temperature dovute al cambiamento climatico) oppure all’inquinamento ambientale (v. paragrafo precedente e seguente), i coralli finiscono con l’espellere le alghe che normalmente sono presenti al loro interno, in una relazione simbiotica.

Quando questo accade, il colore del corallo cambia e vira verso il bianco.

Ci sono altre eveidenze secondo le quali è possibile che il corallo sotto stress prenda una colorazione tendente al neon molto chiaro.

Una volta che i coralli espellono le alghe e “sbiancano”, continuano a vivere ma in condizioni di grande fragilità.

In particolare, diventano immunocompromessi ed alcuni di essi possono anche morire in breve tempo.

Quando questo grave evento si verifica, la colorazione diventa scura.

L’osservazione dello sbiancamento della barriera corallina è cominciata intorno agli anni 80 del XX° secolo; nel 2016 si è registrato un picco di velocità nel fenomeno, dovuto agli effetti di El Nino.

In quel caso, le acque dell’Oceano Pacifico sono diventate molto più calde per la concomitante presenza di un cambiamento climatico particolarmente accentuato.

Il risultato è stata la morte di un terzo dei coralli nella Grande Barriera Corallina Australiana.

In seguito, circa la metà dei coralli della barriera corallina australiana sono morti per estensione del fenomeno di sbiancamento.

Il bilancio è pesantissimo: si sono persi qualcosa come 1.500 miglia di barriera in poco tempo.

Gli sversamenti di petrolio in mare hanno conseguenze gravissime sulle barriere coralline - immagine GOV UK
Gli sversamenti di petrolio in mare hanno conseguenze gravissime sulle barriere coralline – immagine GOV UK

Barriera Corallina e Inquinamento

I tipi di inquinamento che maggiormente interessano la barriera corallina sono diversi.

Una eccessiva urbanizzazione delle coste, la deforestazione, le emissioni dall’agricoltura, gli scarichi fognari ed anche alcune particolari tipologie di industrie pesanti come quella petrolchimica (che è spesso responsabile di perdite di petrolio greggio ed altri composti chimici, tra cui metalli pesanti, in mare).

Tutti i fattori sopra esposti hanno la capacità di impedire la normale riproduzione e crescita dei coralli, così distruggendo la loro funzione ecologica globale

L’inquinamento ambientale è causa di malattie e mortalità in specie di corallo particolarmente sensibili.

C’è poi un aspetto ancora piuttosto sottovalutato che tuttavia merita attenzione.

Si tratta dell’inquinamento sonoro: infatti, il rumore può avere un impatto molto diverso a seconda dei parametri che lo caratterizzano, come la sorgente di emissione e la sua durata.

Gli organismi acquatici hanno dimostrato di rispondere all’inquinamento da rumore in modo diverso a seconda della loro specifica sensibilità, mobilità e stadio di sviluppo.

I prodotti a base di ossibenzone sono una grave minaccia per le barriere coralline ed anche per la grande barriera corallina australiana
Le creme solari che minacciano i coralli – immagine The Funky Turtle

Barriera Corallina e Creme Solari

Questo è un problema molto serio, se pensiamo che le creme solari contenenti ossibenzone sono in grado di causare la morte dei coralli.

L’ossibenzone è particolarmente diffuso nei prodotti come le creme solari per le sue proprietà di filtro solare organico, per l’assorbimento dei raggi UVA corti ed UVB.

Recentemente si stanno facendo sempre più spazio prodotti che non contengono ossibenzone.

Questo è importante per ridurre gli effetti dannosi che questo composto ha nei confronti dell’ecosistema marino, inclusi i coralli.

Anche il blu di metilene può aiutare a salvare la grande barriera corallina australiana e tutte le barriere coralline
Il blu di metilene come sostituto dell’ossibenzone – immagine Biognost

Un’importante Alternativa: Il Blu di Metilene

Una più che interessante alternativa è il blu di metilene.

Molto famoso nell’industria dei coloranti, ha una tradizione secolare per quanto riguarda le applicazioni in medicina.

In tempi recenti ha mostrato un’ottima azione antiossidante, in particolare per la prevenzione dell’invecchiamento cellulare mediato dalle forme reattive dell’ossigeno (ROS).

Il blu di metilene ha dimostrato di avere un’azione protettiva nei confronti delle radiazioni UVB che è superiore a quella dell’ossibenzone.

In caso di livelli di radiazioni UVB in grado di danneggiare il DNA, la protezione con blu di metilene garantisce un livello di protezione più alto.

In caso di danni da radiazioni UVA, si è osservata una buona capacità di recupero, oltre alla protezione.

La sua presenza nelle acque marine non influenza negativamente la vita dei coralli, ecco perché il suo uso nei prodotti per la protezione dalle radiazioni ultraviolette merita un trasferimento su vastissima scala.

Il blu di metilene non è certo esente da rischi ambientali di altra natura: tuttavia esistono molti metodi naturali per limitarne il rischio nell’ottica di una tutela ambientale a 360°.

Le trasformazioni climatiche ed i loro effetti sui coralli delle barriere coralline inclusa la grande barriera corallina australiana
Un esempio degli effetti del cambiamento climatico – immagine Kona Boys

Barriera Corallina e Cambiamenti Climatici

Insieme all’inquinamento ambientale, i cambiamenti climatici esercitano un’importante azione sulla barriera corallina.

Dobbiamo considerare due aspetti egualmente importanti: da un lato, gli effetti diretti ed indiretti che il clima determina sulle barriere coralline.

Dall’altro, le risposte che le barriere mettono in atto per ovviare a questi stimoli esterni, il che a sua volta origina una serie di conseguenze variabili di cui tenere conto per ogni possibile azione di mitigazione o preservazione.

Le grandi categorie di effetti che il cambiamento climatico esercita sono tre.

La perdita di corallo, la riduzione della complessità strutturale della barriera e la modificazione delle popolazioni di organismi viventi che vivono in essa.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante, in quanto vari studi hanno dimostrato che se il cambiamento climatico continuerà in questi termini, un adattamento con sopravvivenza sarà praticamente impossibile per gli organismi viventi delle barriere.

Quando il cambiamento climatico affligge le barriere coralline inclusa la grande barriera corallina australiana
I tre momenti del cambiamento – immagine Nick Graham @ BNP Paribas

Come il Clima Sta Cambiando Le Barriere

Pur ipotizzando lo scenario meno pessimistico (secondo le previsioni dello IPCC – International Panel on Climate Change), i simulatori hanno previsto che in futuro le comunità di coralli saranno per la maggior parte rappresentate da specie tolleranti il calore.

In aggiunta, si tratta di specie con elevata velocità di crescita.

In questo contesto, le capacità di adattamento al calore saranno più importanti persino della competizione per il cibo disponibile.

Alle condizioni attuali, si stima che i coralli potrebbero doversi adattare ad un incremento di temperatura compreso tra 0,1 e 0,15° ogni dieci anni. Questo assumendo il verificarsi di eventi climatici estremi ogni 8 anni circa.

La velocità di adattamento richiesta per una condizione di questo genere è fuori dalla portata dei coralli, per le loro caratteristiche intrinseche da un lato e per quanto hanno dimostrato di poter fare nella loro storia dall’altro.

Si tratta di un contesto molto pericoloso, che impone un’importante azione di preservazione per evitare che si verifichi lo scenario peggiore tra quelli ipotizzabili.

L'acidificazione degli oceani un grave problema per le barriere coralline ed anche per la barriera australiana - immagine Kloby Blog @ Greater Cleveland Aquarium
L’acidificazione degli oceani un grave problema per le barriere coralline – immagine Kloby Blog @ Greater Cleveland Aquarium

Barriera Corallina e Riscaldamento Globale

Lo sbiancamento della barriera è probabilmente la più conosciuta e certo eclatante conseguenza del riscaldamento globale, sebbene questo fenomeno possa avenire anche per alri motivi.

Questo ha conseguenze molto serie sull’industria della pesca che si basa sulle specie ospitate dalle barriere coralline.

Una delle frontiere su cui si sta lavorando è la valutazione del comportamento e e della distribuzione di alcuni pesci per comprendere l’andamento nel tempo della disponibilità di nutrienti.

Prevedendo infatti quali e quanti sono i nutrienti che si stanno riducendo, è possibile intervenire per limitare gli effetti del clima sulle comunità viventi della barriera.

Le cose sono ulteriormente complicate dalla contemporanea presenza di più specie e comunità, che possono avere risposte diverse allo stress termico.

In generale, anche minime variazioni di temperatura ed acidificazione dell’acqua marina determina significativi cambiamenti nella struttura di alcune comunità viventi, ad es. i Peracaridi.

Questi crostacei sono considerati buoni indicatori soprattutto perché hanno la tendenza a disperdersi in presenza di condizioni ambientali sfavorevoli.

Conoscere in dettaglio il loro comportamento sarà utile per comprendere meglio i delicati equilibri che si creano tra le comunità che abitano le barriere coralline.

Una barriera corallina non più vitale - immagine Christian Science Monitor
Una barriera corallina non più vitale – immagine Christian Science Monitor

Quando la Barriera Muore

Prima di approfondire quali soluzioni sono al momento considerate le migliori per salvare la barriera corallina, dobbiamo soffermarci su un aspetto molto importante.

Nonostante la presenza di numerose aree protette, molte barriere coralline stanno continuando a morire (quasi come fossero dei “laghi di Aral” sottomarini).

C’è quello che prende il nome di “paradigma del pesce pappagallo“: in presenza di aree protette per la conservazione di pesci erbivori a rischio, nonostante la grande attenzione all’ecosistema, le barriere continuano a mostrare segni di sofferenza importante.

Questo ci fa capire che l’impatto dei fattori di stress locale (soprattutto le attività della pesca e l’inquinamento) è molto inferiore a quello esercitato da fattori globali, come il riscaldamento delle acque.

La conseguenza di ciò è molto amara: le barriere coralline non possono essere salvate con azioni esclusivamente locali.

Questo vale anche per la grande barriera coralina australiana.

Per essere incisivi, è necessario agire sulle grandi cause del cambiamento climatico e dell’inquinamento globale, mentre su scala locale si lavora per preservare il più possibile i coralli in questa fase di passaggio.

Barriera corallina australiana e non solo: ecco le applicazioni per il coral gardening
Un esempio di coral gardening – immagine Coco Collection

Come Salvare La Barriera Corallina

Passiamo ora in rassegna alcune soluzioni per la preservazione delle barriere coralline.

Queste soluzioni sono quanto mai importanti, se pensiamo che molti scienziati ritengono possibile una scomparsa di questi habitat naturali entro il prossimo secolo.

Il Coral Gardening

Una delle più interessanti opzioni prevede la raccolta, dalle aree più a rischio, di campioni di corallo che hanno mostrato il migliore adattamento alle mutate condizioni ambientali.

Una volta raccolti, vengono portati in apposite “nurseries” dove vengono fatti crescere al meglio, allevandoli manualmente.

Quando sono sufficientemente cresciuti, i coralli sono riattaccati alla barriera.

Questo metodo (una sorta di “autotrapianto”) ha permesso di far ricrescere oltre 70.000 coralli appartenenti a cinque specie altamente minacciate dal cambiamento climatico nelle barriere coraline delle isole Keys, in Florida (solo per citare un esempio tra i tanti).

Nel 2014, si scoprì che i coralli delle barriere nella zona di Palau sono particolarmente abili nell’adattarsi (in tempi relativamente brevi) sia alle temperature aumentate che all’acidificazione dell’oceano.

La scoperta ha determinato un impulso alla ricerca per sfruttare questa particolarità.

La grande barriera corallina australiana può essere salvata anche con il coral gardening
Un creativo esempio di coral gardening – immagine Reef Resilience Network

Il Coral Gardening Adattativo

Questa modalità di “coltivazione” dei coralli si basa sul fatto che, durante la fase di crescita nella nursery, i coralli vengano sottoposti a condizioni tali da aumentare le loro capacità adattative nei confronti delle mutate condizioni ambientali e climatiche.

Si tratta di una spinta all’adattamento in modalità completamente naturale.

Gli studi hanno dimostrato che gli interventi di recupero della barriera che non tengono conto di questa necessità di adattamento, non riescono ad essere efficaci.

Cosa ancor più importante per la barriera corallina australiana, per evitare di perdere il lavoro fatto fino ad oggi.

Reti metalliche per una nuova barriera corallina - immagine Reef Cause
Reti metalliche per nuovi coralli – immagine Reef Cause

Le Reti Metalliche

Come abbiamo scoperto a proposito delle barriere di Bora Bora, un approccio molto più “rudimentale” ma potenzialmente efficace è quello di immergere strutture metalliche in acqua.

Una volta posizionate in luoghi favorevoli e precedentemente selezionati, le strutture metalliche arrugginiscono presto e dopo poco tempo l’intera rete metallica è ricoperta da vita marina (con elevato contenuto di calcio).

Il corallo viene a questo punto trapiantato sulla finta barriera corallina e nel giro di un anno tutta la struttura appare ricca di coralli vivi e colorati.

In alcuni casi, per velocizzare la crescita del corallo, la struttura metallica viene elettrificata con corrente a basso voltaggio: nel caso di Bora Bora, questa corrente è generata da fonti rinnovabili, solare, eolica ed anche dalle stesse onde del mare.

Una barriera corallina artificiale in formazione - immagine Reefs dot com
Una barriera corallina artificiale in formazione – immagine Reefs dot com

Quando la Barriera Corallina è Artificiale

Sulla scia di quanto riportato sopra, esistono anche barriere coralline artificiali, che originano dall’input dell’uomo.

Basti pensare agli autobus, ai carri armati ed anche alle vecchie navi militari.

Questi come altri mezzi vengono affondati di proposito, per fare in modo che siano presto colonizzati dagli organismi marini.

Anche se generalmente il giudizio sulle barriere coralline artificiali è positivo, in quanto possono mimare molto bene le loro omologhe naturali, ci sono alcuni rischi da considerare.

Vietato usare pneumatici usati per ricostruire barriere coralline - immagine Fun Diving
Vietato usare pneumatici usati per ricostruire barriere coralline – immagine Fun Diving

I Rischi Della Barriera Corallina Artificiale

Prima di tutto, la presenza di rifiuti che possono danneggiare l’ecosistema, come nel caso della barriera artificiale di Osborn, in Florida.

Fu costruita negli anni 70 del XX° secolo, andando ad affondare qualcosa come 2 milioni (!) di pneumatici usati.

Dopo 30 anni, nell’intorno della barriera non c’erano più pesci, in compenso si rilevò la presenza di numerose sostanze tossiche.

Il secondo rischio da evitare è la possibile presenza di strutture troppo piccole e non sicure.

Infatti, uno dei compiti delle barriere è fare da rifugio solido e stabile.

Di contro, i relitti delle navi (così come grandi strutture in acciaio) ed il cemento sono ottimi per lo scopo.

Di seguito possiamo scoprire una delle migliori applicazioni possibili per questo principio.

The Helix 2014, ovvero l'elica per fare crescere nuove barriere coralline a Chalok - immagine New Heaven Reef Conservation
The Helix 2014, ovvero l’elica per far crescere i coralli a Chalok – immagine New Heaven Reef Conservation

Il Successo di Chalok

Meriterebbe una trattazione a parte, comunque riassumiamo qui gli aspetti essenziali.

A Chalok Ban Kao, Koh Tao (Thailandia) si è realizzata una delle migliori azioni di salvataggio e recupero delle barriere coralline che possiamo documentare.

Basta l’immagine postata sopra per caratterizzare l’importanza ed il successo dell’intervento.

Quella che si vede nell’immagine è solo una delle possibili strutture, in particolare la “struttura ad elica”.

Lo stesso risultato di ripopolamento dei coralli si è ottenuto con altre modalità.

Ad esempio quella “delle bottiglie” (dove sono state usate bottiglie per fare da base per la crescita), oppure “la piramide” (con una struttura metallica piramidale colonizzata da vita marina).

Questo progetto della New Heaven Reef Conservation è probabilmente il riferimento primo da tenere in considerazione.

Ottimo per gli appassionati di immersioni, che possono cominciare virtualmente subito a ripopolare il mare di coralli.

Fondamentale seguire le 10 regole d'oro per salvare le barriere coralline - immagine Travel Earth
Fondamentale seguire le 10 regole d’oro per salvare le barriere coralline – immagine Travel Earth

Le 10 Regole d’Oro Per Salvare le Barriere Coralline

Per raggruppare tutte le iniziative di conservazione e ristrutturazione delle barriere coralline nel mondo, tracciamo un comune denominatore.

Esistono 10 regole d’oro da tenere sempre presenti, per fare in modo che ogni intervento possa essere efficace.

Eccole di seguito:

  • Proteggere le barriere esistenti
  • Lavorare in collaborazione con popolazioni locali
  • Massimizzare la biodiversità dei coralli per una maggiore resilienza
  • Selezionare le barriere più appropriate per l’intervento di recupero
  • Supportare il recupero naturale quando possibile
  • Selezionare specie di corallo tali da massimizzare la diversità funzionale
  • Utilizzare coralli resilienti (e/o farli diventare tali)
  • Pianificare interventi più ampi in futuro (es. strutture modulari)
  • Imparare mentre si fanno le cose ed adattarsi alle situazioni
  • Creare occasioni per finanziamenti (turismo, sponsor, campagne di sensibilizzazione etc.)

Si tratta di principi generali, tuttavia applicabili molto bene ad ogni specifico intervento di salvaguardia.

Non soltanto per le barriere coralline.

Salvare le barriere coralline è salvare il pianeta - immagine The World Economic Forum
Salvare le barriere coralline è salvare il pianeta – immagine The World Economic Forum

Conclusioni

Al termine di questa lunga dissertazione su questi ecosistemi straordinari, l’unica cosa che possiamo fare è cominciare.

Sull’esempio davvero motivante di Chalok, abbiamo varie opportunità per dare un contributo alla conservazione ed al recupero dei coralli.

E’ una missione cui tutti dobbiamo partecipare.

Non solo chi si immerge a fare il lavoro sul piano pratico, ma anche chi si impegna per far conoscere il problema e le soluzioni.

Perché la conoscenza e l’azione, insieme, non conoscono ostacoli.